26.03.2014
L'ombra lunga della Cina torna sulla filiera tessile

Materie prime alle stelle: tintorie e finissaggi pagano lo scotto
Dumping? Ancora una volta l’Oriente; ancora una volta la Cina. La filiera tessile è nuovamente messa a dura prova e, in particolare, la parte a monte del processo produttivo che rappresenta nel Biellese lo zoccolo duro del sistema-moda italiano.
Succede che alcune delle principali fabbriche produttrici di «intermedi» e coloranti siano state temporaneamente chiuse dalle autorità locali per riqualificare l’impatto ambientale (inquinamento idrico, emissioni etc.). Questo ha prodotto un importante diminuzione dell’approvvigionamento di tali sostanze alle aziende italiane, peraltro con sensibili aumenti di costi, impossibili da aggirare, e altrettanto sensibili ritardi nelle consegne.
Il grido d’allarme è stato lanciato dall’associazione Sistema Moda Italia che a sua volta ha coinvolto i maggiori distretti tessili per una discussione più ampia in quanto, se è pur vero che la carenza di questi prodotti ha avuto immediate ricadute negative sia a livello produttivo che economico sul comparto della nobilitazione tessile, è altrettanto vero che è inevitabilmente destinata a ricadere, in un breve futuro, sull’intera filiera, proprio in considerazione dell’importanza fondamentale delle lavorazioni di tintura, stampa e finissaggio per la moda «Made in Italy».
«Si tratta di componenti fondamentali per la costruzione del colorante - spiega Stefano Ferraris della Tintoria di Benna - E gli aumenti attualmente arrivano al 40% e oltre. I prezzi hanno iniziato a lievitare dal dopo ferie: sembrava una cosa momentanea e invece il rincaro non si è più fermato. Ogni settimana c’è un balzello che rende ingestibili i listini e di conseguenza i margini di guadagno. Purtroppo non sempre i clienti comprendono il problema mentre noi abiamo le mani legate perché sono rimasti gli unici produttori e non ci sono possibilità di scelta».
«In Europa e in Italia sottostiamo a regole rigidissime in materia e non possiamo che apprezzare una maggior attenzione all’ambiente e, di conseguenza, anche a una competitività più equa tra le aziende - commenta Marilena Bolli, presidente dell’Unione industriale - Questo tuttavia non può essere un ulteriore danno per la filiera: continueremo nel monitoraggio con il coordinamento di Smi, ribadendo che gli adeguamenti in tema di salvaguardia ambientale non possono scaricarsi sulle aziende che da molti anni hanno realizzato importanti investimenti per la tutela delle persone e del territorio. Più che di dumping si tratta di una posizione di “cartello” che sfrutta le dinamiche temporanee di domanda e offerta di mercato. Questo mi fa riflettere su come evolvano in fretta le situazioni sui mercati in crescita e come il rispetto delle regole, in questo caso ambientali, facciano aumentare i costi anche in questi Paesi. Ecco perché é importante un seria politica industriale in Italia e in Europa che permetta di rilanciare produzioni che possano ancora diventare globalmente competitive».
Succede che alcune delle principali fabbriche produttrici di «intermedi» e coloranti siano state temporaneamente chiuse dalle autorità locali per riqualificare l’impatto ambientale (inquinamento idrico, emissioni etc.). Questo ha prodotto un importante diminuzione dell’approvvigionamento di tali sostanze alle aziende italiane, peraltro con sensibili aumenti di costi, impossibili da aggirare, e altrettanto sensibili ritardi nelle consegne.
Il grido d’allarme è stato lanciato dall’associazione Sistema Moda Italia che a sua volta ha coinvolto i maggiori distretti tessili per una discussione più ampia in quanto, se è pur vero che la carenza di questi prodotti ha avuto immediate ricadute negative sia a livello produttivo che economico sul comparto della nobilitazione tessile, è altrettanto vero che è inevitabilmente destinata a ricadere, in un breve futuro, sull’intera filiera, proprio in considerazione dell’importanza fondamentale delle lavorazioni di tintura, stampa e finissaggio per la moda «Made in Italy».
«Si tratta di componenti fondamentali per la costruzione del colorante - spiega Stefano Ferraris della Tintoria di Benna - E gli aumenti attualmente arrivano al 40% e oltre. I prezzi hanno iniziato a lievitare dal dopo ferie: sembrava una cosa momentanea e invece il rincaro non si è più fermato. Ogni settimana c’è un balzello che rende ingestibili i listini e di conseguenza i margini di guadagno. Purtroppo non sempre i clienti comprendono il problema mentre noi abiamo le mani legate perché sono rimasti gli unici produttori e non ci sono possibilità di scelta».
«In Europa e in Italia sottostiamo a regole rigidissime in materia e non possiamo che apprezzare una maggior attenzione all’ambiente e, di conseguenza, anche a una competitività più equa tra le aziende - commenta Marilena Bolli, presidente dell’Unione industriale - Questo tuttavia non può essere un ulteriore danno per la filiera: continueremo nel monitoraggio con il coordinamento di Smi, ribadendo che gli adeguamenti in tema di salvaguardia ambientale non possono scaricarsi sulle aziende che da molti anni hanno realizzato importanti investimenti per la tutela delle persone e del territorio. Più che di dumping si tratta di una posizione di “cartello” che sfrutta le dinamiche temporanee di domanda e offerta di mercato. Questo mi fa riflettere su come evolvano in fretta le situazioni sui mercati in crescita e come il rispetto delle regole, in questo caso ambientali, facciano aumentare i costi anche in questi Paesi. Ecco perché é importante un seria politica industriale in Italia e in Europa che permetta di rilanciare produzioni che possano ancora diventare globalmente competitive».
Paola Guabello